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Obesità Patologica

Chirurgia dell’Obestà Patologica

Sin da piccoli ci hanno fatto credere che avere qualche chilo in più fosse un segno di benessere.
Con l’evolversi della società ed il diffondersi di questo stato di benessere, si è diffusa anche l’obesità che oggi è diventata un fenomeno sociale da prevenire e combattere.

In Italia, oggi si contano 6 milioni di obesi di cui il 49% al Sud, in particolare in Puglia dove circa il 12% della popolazione è affetta da obesità patologica.

Oggi l’obesità non può essere considerata solo un problema estetico perché tante sono le malattie che può causare.

Alcuni esempi sono: ipertensione, malattie cardiovascolari, ictus, tumori, disturbi sessuali, respiratori, delle articolazioni, ma soprattutto il temuto diabete.

Senza considerare l’aspetto psicologico di una patologia che porta le persone ad isolarsi in una spirale di depressione, vittime di derisione sul lavoro e bullismo a scuola.

E’ una condizione pericolosa per la salute che se non risolta tempestivamente, può causare una riduzione della aspettativa di vita di 10 anni, rispetto ad un coetaneo normopeso.

Coma posso capire se sono obeso?

Il metodo più diffuso per misurare il grado di obesità è l’indice di massa corporea, in inglese Body Mass Index (BMI).

Se questo valore è al limite di 25 si è in sovrappeso, a partire da 30 si definisce obesità in presenza di patologie associate e se supera 40 si parla di obesità patologica.

Cosa causa l’obesità patologica?

I fattori che determinano l’obesità patologica e contribuiscono ad alterare il corretto metabolismo, sono essenzialmente una alimentazione eccessiva e lo scarso esercizio fisico.

A questi fattori si aggiungono l’alterazione dell’assorbimento dei nutrienti del cibo dovuta all’avanzare dell’età, lo stile di vita, cause genetiche, ormonali e psicologiche.

Posso curare l’Obesità Patologica?

Quando si devono perdere 40 o 50 chili, la sola dieta, l’esercizio fisico, psicoterapia e farmaci possono non bastare.

L’unica soluzione efficace diventa la chirurgia bariatrica, cioè interventi che permettono di ottenere una riduzione apprezzabile del peso ma soprattutto mantenerla nel tempo.

Purtroppo in Italia ci sono ancora troppi pregiudizi e disinformazione legati a questi interventi.

Si stima infatti che la chirurgia è in grado di allungare la vita e assicurare una cura definitiva anche del diabete nel 60% dei casi.

Molti pazienti non riescono a crederci quando si rendono conto di non essere più schiavi della terapia antidiabetica.

E’ così facile?

Sottoporsi ad un intervento di chirurgia bariatrica è un passo importante nella cura dell’obesità. Per guarire è necessaria la piena collaborazione del paziente che deve affidarsi al mio team multidisciplinare.

Solo così lo guideremo a cambiare radicalmente il proprio stile di vita, non solo quella alimentare.

Il mio team composto da chirurgo, endocrinologo-dietologo e psicologo, ha il compito di valutare la presenza dei requisiti per accedere alla terapia chirurgica.

Sono diverse le opzioni chirurgiche disponibili ma è determinante che vengano personalizzate sulle specifiche caratteristiche di ciascun paziente al fine di risolvere le cause che hanno determinato l’obesità.

Si tratta di tecniche mini-invasive e laparoscopiche, che garantiscono numerosi benefici.

I pià evidenti sono: minore dolore post-operatorio e brevi tempi di recupero così che il paziente possa tornare a casa dopo tre giorni dall’intervento. 

Ma il suo percorso non si esaurisce così

Un intervento bariatrico richiede periodici controlli per verificare se l’organismo sta reagendo bene all’operazione.

Spesso per garantire un minore assorbimento dei grassi, questi interventi comportano la modificazione della normale anatomia dell’intestino.

Pertanto è importante accertarsi che la dieta sia adeguata e che nutrienti essenziali, il ferro e le vitamine, vengano assunti anche con una terapia sostituiva.

La chirurgia però non deve essere considerata una scorciatoia per tornare ad assumere cibo in maniera incontrollata.

Per questo motivo il mio team diventa come una seconda famiglia che controlla e guida il paziente sotto l’aspetto dietetico ma anche elaborando i processi psicologici che hanno causato quel distorto rapporto col cibo.

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